LA COLAZIONE DEL CONTE

Erano le 7 di mattina di un giorno di dicembre di tanto tempo fa. Avevo probabilmente 9 o 10 anni. Il Cielo plumbeo, il freddo e l’umidità pesavano come una coltre sulle persone che si affaccendavano come ogni giorno nei primi adempimenti mattutini. Io, appena sveglio, mi ero posizionato accanto al camino che già da qualche ora scoppiettava vivace. Mia nonna mi ripeteva di non star lì troppo vicino perché uscendo avrei sentito ancora più freddo. 

All’improvviso mia madre mi chiese di prendere la mia bici (una Graziella di color arancione) per andare da Mariuccia a ritirare una cosa che era stata preparata per noi. Mariuccia era una signora che abitava in una parte del paese (non più di un Km da casa nostra) che conoscevo poco se non per la splendida discesa che facevo spesso con la bici a tutta velocità fino alla fontana pubblica.

Nonostante mamma mi avesse dato delle indicazioni apparentemente facili e chiare ci misi un po’ a trovare la casa di questa signora che, vestita di nero con il fazzoletto ben calzato sulla testa, mi stava già aspettando. Una volta posata la bicicletta ed entrato in casa mi posizionai vicino al suo camino, infreddolito com’ero per il percorso compiuto in grande fretta. Non avevo fatto ancora colazione e il profumo ammaliante che veniva dal pignatto posizionato al lato della brace mi colpì al punto che Mariuccia, accortasene, mi propose di assaggiare quello che stava preparando. Così, afferrata la pagnotta che ogni sabato preparava con il suo antichissimo criscito, tagliò una fetta di pane e la condì con un buon giro di olio. Poi la posizionò in un piatto né fondo né piano e prese il pignatto nel quale stavano cuocendo dei fagioli cannellini che con mano sapiente stese sulla fetta. Un altro giro d’olio e un pizzico di sale.

Una volta avvicinatami la sedia al tavolo, mi diede un tovagliolo e mi disse: “mangia che questi a Roma non ci sono!”

Il profumo e il sapore di quei fagioli rimarranno indelebili nei miei ricordi. Ancora oggi, cinquant’anni dopo, sento quell’odore suadente. Ricordo perfettamente quel colore appena rosato del condimento e il gusto pieno di una materia prima straordinaria cucinata con tanta maestria e impareggiabile amore. Così, con pochi profondi morsi affondati in quel pane dalla mollica compatta, cotto nel forno a legna, conclusi l’assaggio e chiesi a Mariuccia un’altra fetta. Fu un momento magico.

Fu la mia colazione di quel giorno. La prima colazione che più di ogni altra nella mia vita ancora mi racconta un’emozione, un momento di vita che mi commuove.

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